(Ovvero sull’importanza di custodire le tradizioni)
Quest’anno già dalla fine di novembre ho visto luci natalizie scintillare sulle finestre, sui balconi, nei giardini.
Mi è sembrato piuttosto strano, oltre che assolutamente piacevole. Erano anni, forse qualche decennio, che non lo vedevo accadere così presto.
Eppure…
Mi sono chiesta le ragioni di questo anticipo natalizio: dopotutto stiamo attraversando uno dei periodi più bui che si possano ricordare.
E non solo da un punto di vista sanitario. Ma anche sociale, culturale, politico.
E tutto questo ha una particolare risonanza nella nostra cara e vecchia, sempre elegantissima, nel profondo intendo, Europa.
E ancora di più, se possibile, qui in Italia, culla della civiltà, della cultura, della bellezza che tutto il mondo ci ha sempre riconosciuto.
Le persone, e io lo so perché me lo raccontano, sono deflesse, preoccupate per se e per i propri cari, hanno molti timori che riguardano la salute, il lavoro, i bambini.
Non ricordano di aver vissuto niente di simile, non ricordano racconti simili da parte di genitori e nonni, se non quelli di guerra.
Rimpiangono la vita di “prima”, quella vita a cui tutti noi eravamo abituati e che ci offriva, almeno apparentemente, possibilità notevoli di espressione e realizzazione dei nostri Sè più profondi.
Eppure, già alla fine di novembre ormai, molti avevano già allestito nelle proprie case alberi di Natale e presepi. Luci e decorazioni colorate. Acquistate o fatte a mano. O quelle tramandate in famiglia, attraverso le generazioni.
Una apparente contraddizione.
E invece no.
Perchè in fondo, ognuno a modo proprio, ora più che mai appare deciso a proteggere ciò che ha di più caro.
Gli affetti, le relazioni, la famiglia. Le tradizioni.
E il Natale, il Santo Natale per la maggioranza degli italiani, è la festività sacra per eccellenza.
“Il sacro è un elemento della struttura della coscienza e non un momento della storia della coscienza. L’esperienza del sacro è indissolubilmente legata allo sforzo compiuto dall’uomo per costruire un mondo che abbia un significato…”.
(Mircea Eliade, Discorso pronunciato al Congresso di Storia delle religioni di Boston il 24 giugno 1968.) *Nota 1
In questo periodo di nessuna certezza, molti, moltissimi con una forza che mi sorprende ogni volta, volgono sguardo e attenzione verso la tradizione, quella essenzialmente familiare, fatta di consuetudini rassicuranti, di protezione e aiuto reciproco, di un senso di protezione verso i piccoli ai quali si spiega il significato del Natale per come lo si è appreso.
No, non è una favola ottocentesca.
E’la forza, quella probabilmente inconscia, che ha permesso all’essere umano di “andare oltre” i peggiori eventi storici.
Non è resilienza, termine che non amo particolarmente perché non stiamo parlando di un esperimento di Fisica.
No. E’ quella incrollabile fiducia nella possibilità di inclinare il proprio destino e di farlo a modo proprio, per come lo si è appreso. E di insegnarlo, di tramandarlo.
E il Natale, nella nostra cultura, è LA tradizione per eccellenza.
Ecco, così si spiegano tutte quelle luci scintillanti a fine novembre. Al di là di tutto.
Perchè tutto il resto passerà.
Buon Natale a tutti!
*Nota 1
Fragments d’un Journal 1945-1969, Parigi, Gallimard 1973, p. 555: tr. it. Giornale, Torino, Boringhieri, 1976